Dalla corrispondenza tra Francesco Valentini e Il maestro Shōkaku Hirano Yoshiaki,
Egregio Maestro Shōkaku Hirano Yoshiaki,
ho letto con grande emozione la sua bellissima lettera, in cui ho trovato parole di conforto e stimolo per continuare a percorrere questa via, che, non le nascondo, negli ultimi anni sta diventando sempre più difficile per chi, come noi, lavora in maniera tradizionale, artigianale o, meglio ancora, nel pieno rispetto delle leggi di Madre Natura. Infatti, come anche lei ha accennato, «la temperatura della Terra sta aumentando e fa paura!»
È proprio così: questo anomalo e repentino cambiamento climatico, che ormai sta rompendo gli equilibri che si sono formati in miliardi di anni e hanno portato la vita sul nostro meraviglioso pianeta, lo noto nel mio lavoro e nel rapporto quotidiano con la natura. Il mondo vegetale, più sensibile di quello animale, ne sta risentendo moltissimo, come dimostra, per esempio, il ciclo vegetale della vite, che negli ultimi anni si è stravolto. I risvegli vegetativi sono ormai quasi sempre in anticipo di quindici o venti giorni, mentre l’epoca della vendemmia è anticipata di quasi un mese. La conseguenza è una crescita sbilanciata dell’uva, con la maturazione zuccherina e quella fenolica (colore, acidità, profumi, ecc.) che non vanno più di pari passo, ma quando se ne raggiunge una, non sempre si ottiene anche l’altra; viene a mancare cioè quel momento cruciale in cui, anche se per pochi giorni, le due maturazioni coincidono in perfetta armonia. Quello che apparentemente è un danno per la sola enologia, in realtà è il segnale di un cambiamento che prima o poi coinvolgerà tutto il mondo naturale: ho iniziato a riscontrare fenomeni strani anche in altre piante, che continuano a vegetare anche in periodo invernale, quando dovrebbero essere a riposo. Ancora più sconvolgente è stato osservare degli olivi, che avevano appena iniziato l’allegagione, ricominciare a fiorire: è come se una donna incinta fosse contemporaneamente pronta per un’altra gravidanza. Tuttavia, anche nel regno animale si possono iniziare a osservare le prime anomalie, come nel caso degli orsi marsicani del Parco Nazionale dell’Abruzzo, che sono usciti dal letargo con un paio di mesi d’anticipo, come anche le tartarughe. Per non dire dei cani e dei gatti, che mutano il pelo anche in periodo invernale o delle api, il più grande indicatore biologico, che stanno lentamente scomparendo. Tutto questo lo trovo preoccupante, non tanto per il mio lavoro che, alla lunga, potrebbe anche cessare, ma soprattutto perché vedo, in queste trasformazioni, un segnale di quello che rischia di accadere in futuro al nostro pianeta. A dire il vero ciò che mi lascia più perplesso è il comportamento dell’uomo rispetto a queste manifestazioni, viste con fatalismo, superficialità, disinteresse o semplicemente come delle curiosità o bizzarrie della natura: non riesco a comprendere il disinteresse per questi cambiamenti, come se fosse cosa che non ci riguarda. Molti, se non forse la maggioranza, non si rendono conto che tutti noi siamo un frammento della terra e dell’universo, e che questi, a loro volta, fanno parte di noi. I fiori, gli alberi, gli animali tutti, sono semplicemente nostri fratelli in questo meraviglioso viaggio che è la vita, e le montagne, i campi, gli oceani, sono tutti membri della nostra famiglia: ciò che accade alla terra inevitabilmente accadrà anche ai suoi figli. Se gli uomini danneggiano il creato, prima o poi subiranno loro stessi le conseguenze, perché sono costituiti dalla stessa essenza. È quello che io definisco la follia razionale dell’uomo, in cui, pur di riuscire ad avere un utile materiale (ricchezza, potere, ecc.), si è disposti a distruggere e, se necessario, uccidere i propri simili, credendo magari di trarre anche dei benefici dalla propria fine.
Ormai l’uomo sta perdendo la consapevolezza del proprio intimo legame con l’universo e contemporaneamente smarrisce la propria istintività (compresa l’inclinazione alla sopravvivenza e alla conservazione della specie) a vantaggio della ragione, ossia della cieca avidità, del desiderio di ricchezza materiale e del potere.
Credo che in questo secolo, più che mai, l’essere umano debba farsi un esame di coscienza e fermarsi a riflettere su quali debbano essere le sue responsabilità e, quindi, future scelte. Dovrebbe imparare a ridimensionare il proprio ego, ormai ipertrofico, per sentirsi di nuovo parte del tutto, tornare a subordinare la ragione all’istintività e capire quali sono le vere priorità, rendendosi conto che ogni sua scelta, nel bene e nel male, inevitabilmente condizionerà gli eventi futuri. È inoltre essenziale che riconsideri che il concetto di utile non è sempre legato al denaro, ma piuttosto connesso a qualcosa di più prezioso; insomma, dovrebbe riuscire a essere più animale e meno uomo e quindi, meno bestiale.
Mi viene in mente quella frase di mio padre che lei ha riportato nella sua lettera: «Lunico essere vivente che potrebbe sparire dalla faccia della terra senza che la terra ne risenta minimamente è l’uomo». Da parte mia aggiungerei che se ciò, per assurdo e disgrazia e solo per l’uomo, dovesse accadere, il mondo tornerebbe a essere un paradiso terrestre, perché governato unicamente dalle leggi dell’ armonia e dell’ equilibrio. Questo dovrebbe far riflettere su quanto grandi siano i limiti della nostra intelligenza. Comunque, al di là di queste considerazioni e difficoltà, bisognerebbe sempre seguitare a lottare per quello in cui si crede e, come consiglia il famoso proverbio giapponese: Kan wo motte rito nasu, ossia «avere un problema e fare di questo un vantaggio» o forse sarebbe più corretto dire: avere la consapevolezza del problema e quindi trovare la soluzione. È proprio per questo motivo che da alcuni anni cerco, attraverso le interviste che rilascio, di parlare non solo di vino, ma anche e soprattutto della natura a esso legata, che sta cambiando e che inesorabilmente si riflette sulla qualità del liquido stesso. Il vino, come altri prodotti della natura, può essere visto non solo come alimento, ma anche come indicatore dei mutamenti che stanno coinvolgendo la terra: mi convinco sempre di più che noi agricoltori, essendo a contatto diretto e quotidiano con la natura, siamo una sorta di avamposto e pertanto abbiamo il dovere materiale e morale di informare l’opinione pubblica su quello che sta capitando. Il mio atteggiamento viene spesso frainteso e criticato dai colleghi, che mi accusano di danneggiare la commercializzazione dei vini; la tendenza è infatti dichiarare che tutte le annate sono le migliori del secolo e sono eccezionali per qualità. Questo modo di fare, oltre a sembrarmi folle, è ogni giorno più difficile da comprendere, forse perché passo sempre più tempo a contatto con la natura e meno con gli uomini. Spero di non averla annoiata con queste mie considerazioni, ma mi sono permesso, data la stima che nutro nei suoi riguardi, di aprirmi, comunicandole le mie preoccupazioni e perplessità. Mi addolora profondamente sentire che lei è gravemente malato e le auguro dal più profondo del cuore che la sua condizione di salute possa migliorare, sia per lei che per tutte le persone che traggono benessere e saggezza dalla sua persona. Sperando di poterla incontrare a breve, la saluto con grande stima e mi permetto di dire anche con affetto.
Francesco Valentini
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