Loreto Aprutino
Loreto Aprutino
Paese in provincia di Pescara, ricco di storia e di tradizioni. Insediato fin dal neolitico, è stato abitato dai Vestini e poi suddito di Roma nell’abitato Floranum, dal tempio dedicato dalla dea Flora. Con la caduta dell’impero romano l’agglomerato si è spostato sulla collina di fronte e poi sviluppatosi intorno al castello normanno e quindi alla chiesa madre. Annovera olii extravergini di olivo (primi premi all’Ercole oleario per tre anni consecutivi di vari case olearie, D’Intino, Valentini, Le Magnolie, ecc. ) e vini (Trebbiano e Montepulciano d’Abruzzo delle Cantine Valentini) tra i migliori del mondo. Ottima anche la produzione di formaggi, e di alcuni prodotti tipici. Particolarmente suggestivo l’impatto visivo che offre il paese per chi giunge dalla costa, per la struttura tardomedievale delle sue case, arroccate ia scendere verso il Mercato Vecchio e la Fontana monumentale, situate in basso.
La struttura urbanistica di Loreto Aprutino è caratterizzata dal tipico schema medievale a composizione avvolgente intorno alle due emergenze architettoniche più importanti: la chiesa di San Pietro Apostolo (potere spirituale) e il Castello (potere temporale), uniti da un asse longitudinale, lungo il quale si sviluppa, a pettine, un’edilizia abitativa a corte interna. Il tessuto residenziale sottostante è modellato organicamente secondo la topografia e le funzioni e si distingue dai due elementi predominanti per un notevole salto di scala, di proporzioni e di valori; l’insediamento è disposto ad anfiteatro con orientamento verso la zona meno scoscesa del colle e con esposizione climatica più favorevole. Il nucleo originario (XI-XII sec.) era localizzato nella zona alta della collina e, per motivi di difesa, presentava opere di fortificazione con porte di accesso. Una seconda fase di espansione dell’abitato vide ampliare la cinta urbana: nella zona bassa della collina, fuori le mura, si insediò il convento francescano e si compose il tessuto edilizio attorno alla piazza del Mercato, chiusa verso il mare dalla Porta dell’Ospedale che prende il nome dalla chiesa di S.Maria de Recepto, fondata nell’XI sec.; la salita Montelauro, attraverso l’omonima porta, proseguendo per via Pretara, collegava la Piazza del Mercato alla chiesa di Santa Maria in Piano e costituiva la principale via di accesso al borgo. Intorno a questi elementi direttori, tra il XV-XVIII sec., si determinano i caratteri generali del tessuto urbano: si costituisce una trama edilizia molto fitta, con strade aderenti alle curve di livello, organizzate secondo un sistema di arterie principali e secondarie, all’interno delle quali sono incastonate le abitazioni con tipologia a schiera. Di particolare interesse la configurazione delle facciate che si presentano con due/tre piani sulla via superiore e con quattro su quella inferiore.
La viabilità secondaria è costituita da rampe di collegamento che, in alcuni casi, attraversano l’unità abitativa con portici voltati a botte. Le quattro principali strade d’accesso giungevano alle rispettive porte: s Porta dell’Ospedale, Porta della Fontana, Porta del Castello e Porta Mardocheo. Verso la metà dell’Ottocento venne ristrutturata anche via del Baio: i vecchi edifici furono trasformati in palazzi signorili e i loro proprietari – Casamarte, Valentini, Baldini-Palladini – destinarono una parte importante dei propri edifici a fabbriche di trasformazione del prodotto oleario e vinicolo. Alla fine del XIX-inizio XX sec., il paese attraversò un periodo di grande fermento civile e culturale. Notevole la produzione editoriale, soprattutto con le riviste “L’Olivo”, “Ebe”, ”L’Aurora”, “Aprutium”, stampate nelle diverse tipografie lauretane. Da segnalare, inoltre, il bellissimo spazio dell’ex-convento francescano, convertito in quegli anni, in Teatro comunale.
Oggi, nonostante le lacerazioni provocate dalla guerra e dal crollo di strutture fatiscenti, la bellezza di questo centro è rimasta intatta: i valori complessivi della composizione urbanistica risultano ancora leggibili in quel susseguirsi discontinuo dei corpi di fabbrica, nelle sinuosità delle strade, nella fluidità ritmica delle masse e dei vuoti. I tagli, gli spacchi, i continui rimandi all’esterno, creano un intreccio dialettico tra il dentro e il fuori, tra il muro di mattoni e il profilo della chiesa di Santa Maria in Piano che scompare e riappare, incorniciata dalle linee verticali delle pareti.