Orazio Di Camillo
ORAZIO DI CAMILLO
Orazio Di Camillo nasce a Penne il 25.3.1893 da Vincenzo e Carolina Fabrizi. Nell’infanzia riceve un’educazione quasi spartana: a cinque anni e mezzo svolge il lavoro di pulitura dei mattoni cotti in una fornace. Nel periodo antecedente la I guerra mondiale è a Loreto Aprutino con una società elettrica del tempo, per costruire gli impianti di illuminazione pubblica in quanto svolge l’attività di elettricista. Si innamora di Adele Beducci con la quale convola a nozze nel 1912, all’età di 19 anni. A 22 anni è coinvolto nella I guerra mondiale: è in trincea e torna nel 1918 invalido ad un braccio. Nello stesso anno,dopo aver frequentato un corso di fotografia a Milano, apre uno studio fotografico a Loreto Aprutino in Via Montelauro al n. 20. Dal 1924 al 1928 svolge l’attività di assicuratore ed è proprietario di uno spaccio in Via dei Normarmi. A ridosso degli anni trenta costruisce la nuova abitazione con annesso spaccio in Piazza Garibaldi. Spirito inquieto, in questi anni svolge contemporaneamente plurimi mestieri: organizza e gestisce un pollaio provinciale di selezione, efiettua la lavorazione artigianale di gelati con relativa vendita, gestisce un distributore di benzina. Il 1 dicembre del 1930, colpita dalla polmonite muore la moglie Adele con la quale ha avuto sei figli: Maria, Anna, Vincenzo, Carolina e Camillo (dei suddetti solo gli ultimi due sono viventi, gli altri muoiono nel periodo della loro gioventù). Si risposa nel 1932 con Ines De Leonardis e nascono ancora Adele, Antonio e Maria. Il 2 settembre dell’anno 1968 perde di nuovo la moglie, colpita dall’arteriosclerosi. ll 10.8.1969 muore anch’esso colpito dalla stessa malattia. Più tardi perderà la vita il secondo dei suoi ultimi tre figli: Antonio. Sono Viventi Maria e Adele, la quale conduce tutt’ora la rivendita di tabacchi e la gelateria siti in Piazza Garibaldi. Dalle brevi note biografiche si può già arguire che Orazio Di Camillo doveva appartenere a quella categoria di persone il cui carattere era nemico della noia e lo spirito burrascoso ed inquieto. Forse, queste parole suoneranno stonate a chi ricorda il nostro personaggio intento al lavoro, dietro il bancone del suo spaccio: calmo, riflessivo, lento nei movimenti, dotato di una pacatezza quasi irritante! Evidentemente, in età molto avanzata, aveva già assaporato le gioie (poche) e i dolori (tanti), che la vita gli aveva riservato nella sua gioventù. in particolare, nella sua vita privata di cittadino, la dea bendata non gli era stata amica: uno dopo l’altro vide privarsi dai propri affetti la moglie e ben 3 figli. Dotato di un forte temperamento, riuscì sempre a ricominciare daccapo, come se nulla fosse accaduto. Fondamentalmente buono ma puntiglioso, era sempre pronto allo scontro, se non altro verbale. Nei rapporti interpersonali, concedeva volentieri la confidenza, ma guai ad approfittarne, lui era sempre lì, pronto a far intendere che si stava trapassando il limite. Indubbiamente, questa forza di volontà, questo alto concetto della moralità, questa rettitudine sono state le doti che gli hanno permesso di raggiungere serenamente l’età di 76 anni, sebben logorato da una vita trascorsa intensamente e dal dolore. Arguto ed intelligente, seppe intraprendere vari mestieri, tra i quali l’assicuratore e soprattutto, quello che ci interessa più da vicino: il fotografo. Essere fotografo in quel periodo, cioè negli anni immediatamente susseguenti Ia I guerra mondiale, non doveva essere cosa da tutti, come invece lo è nel contesto della vita attuale. Oggitutti possiamo essere dei buoni fotografi: l’automatismo e l’elettronica in dotazione delle macchine fotografiche moderne risolvono situazioni difficili, un tempo quasi assurde, ma limitano il nostro impegno, non aguzzano lo spirito creativo. Il fotografo di un tempo era, innanzitutto,un intraprendente amatore dell’arte fotografica, ed in quanto tale affinava il proprio spirito creativo con la costante ricerca ed effettuazione di esperimenti. Era il fotografo stesso che «scopriva» il risultato dopo numerose prove ed inventava la tecnica. Ci sono fotografi che sono ricordati dalla storia perché hanno immortalato la guerra, perché hanno fermato nell’obiettivo scabrose scene di cronaca nera, altri ancora perché hanno fotografato «i potenti della terra» e così via… Di Camillo Orazio ha dato il suo modesto contributo fotografando tutto ciò che c’era da documentare nel paese in cui ha vissuto: Loreto Aprutino. Le scene di lavoro, di ricorrenze (nascite, comunioni, matrimoni, morti), di feste popolari etc., sono gli ingredienti basilari che permettono ai posteri (noi tutti) di ricostruire per immagini la propria storia. E la storia di un paese non ‘e fatta soltanto da uomini illustri, come quella ufficiale vorrebbe farci intendere, ma anche ed in particolar modo, da persone meno note, certamente più umili e laboriose, come il nostro personaggio, come tanti altri sconosciuti che hanno lasciato in eredità un patrimonio civile e culturale da salvaguardare. MAURO SOCCIO «lncontri ’80». ASSOCIAZlONE CULTURALE LAURETANA